In materia di imposte sui redditi, le somme corrisposte per le spese di viaggio, effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico da parte di un medico specialista, presso gli ambulatori esterni al comune di residenza, devono intendersi percepite a titolo di rimborso spese, poiché hanno funzione di restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e, in quanto tali, non assimilabili a retribuzione e, pertanto, la loro quantificazione è determinata con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato. ( dott.ssa Maurizia Lanzano – www.dirittosanitario.net )
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Corte Giustizia Trib. II grado Roma, (Lazio) sez. XII, 05/10/2023, n.5513
REPUBBLICA ITALIANA
NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte Giustizia secondo grado
LAZIO
SEZIONE 12
riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Signori Magistrati:
CIAMPELLI VALERIA – Presidente
BRIGANTE ROBERTO ANTONIO – Gen
ANGELONI MARIO MARCO – Gen
BRIGANTE ROBERTO ANTONIO – Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa promossa da:
(omissis…)
– PARTE APPELLANTE
CONTRO
(omissis…)
– PARTE RICORRENTE
Fatto
Svolgimento del processo
La Dott.ssa C. P. ricorreva dinanzi la C.T.P. di ROMA avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso all’ufficio Territoriale Roma 1 – Trastevere il 19/03/2019, con cui chiedeva il rimborso dell’importo pari ad Euro 2.187,00, quale imposta indebitamente pagata, nell’anno d’imposta 2017, su somme percepite a titolo di “indennità di trasferta”, ritenendo non avessero natura reddituale.
La contribuente rappresentava di svolgere attività di medico oculista specialista presso gli ambulatori dell’ASL Roma 6 di Anzio e Nettuno tre volte a settimana.
Gli importi corrisposti quali rimborso per le spese sostenute per il raggiungimento degli ambulatori, oggetto dell’istanza di rimborso, vengono definiti dalla contribuente quali “indennità di trasferta”, aventi natura indennitaria/risarcitoria e, come tali, non assoggettabili a tassazione nonostante l’ASL li avesse ricompresi tra le somme assoggettate a tassazione I.R.P.E.F. solo a partire dal 2016 e fino al 01/06/2018.
Si costituiva in giudizio in primo grado l’AGENZIA DELLE ENTRATE – D.P. I di ROMA, ribadendo la legittimità del proprio operato, chiedendo il rigetto del ricorso.
La C.T.P. di ROMA, con la sentenza qui gravata accoglieva il ricorso, con condanna alle spese del grado liquidate in Euro 700,00, richiamando l’art. 35 D.P.R. n. 271/2000 ed osservando che l’indennità di trasferta ha “natura risarcitoria, con conseguente non imponibilità, trattandosi di rimborsi spese erogati ai medici ambulatoriali per compensare il disagio economico sopportato per lo svolgimento dell’attività lavorativa in un comune diverso da quello di residenza” poiché rientra in una delle tassative eccezioni previste dall’art. 51 T.U.I.R. “essendo il rimborso determinato non con un criterio forfetario, ma espressamente parametrato al chilometraggio percorso per lo spostamento e al costo del carburante vigente all’epoca dello stesso” così come disciplinato dall’art. 48 dell’Accordo Collettivo Nazionale del 17/12/2015.
L’AGENZIA DELLE ENTRATE – D.P. I di ROMA, quindi, impugna la detta sentenza con atto di appello, del quale sollecita l’accoglimento con vittoria di spese deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 51 commi 1, 2 lett. d) e 5, del TUIR, da una erronea e carente motivazione, nonché da una erronea valutazione dei fatti e atti di causa sulla base del “c.d. principio di onnicomprensività, principio cardine del reddito di lavoro dipendente che governa la determinazione di tale tipologia reddituale, secondo la previsione contenuta nell’articolo 51 comma 1, del TUIR” in base al quale “tutte le somme e i valori che sono percepiti in ragione dello status di lavoratore dipendente costituiscono reddito imponibile per il percipiente, salve le tassative deroghe contenute nei successivi commi del medesimo articolo 51” e fra le quali non rientrerebbe l’art. 48 ACN e nemmeno l’art. 51-V co. TUIR.
Si è costituita in questo grado di giudizio l’appellata C. P. concludendo per il rigetto dell’appello con vittoria di spese.
All’udienza del giorno 26 settembre 2023, il Collegio, udita la relazione del Giudice Dott. B, decideva la controversia come da motivazione e da dispositivo che seguono.
Motivi della decisione
1.
L’appello è infondato e va rigettato.
2. Preliminarmente va precisato che il richiamo dell’appellante a circolari amministrative ed ai pareri emanati dalla P.A. è inconferente in quanto l’ordinamento (art. 101-II co. Cost.) affida solo al giudice la competenza di interpretare la legge poiché – da un lato – le circolari ed i pareri “non sono manifestazioni di attività normativa, bensì atti interni della medesima Pubblica Amministrazione … inidonei ad incidere sul rapporto tributario” (ex multis Cass. civ., sez. trib., 09/01/2009 n. 237) e, dall’altro lato, “L’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute e, di fronte alle norme tributarie, detta amministrazione ed il contribuente si trovano su un piano di parità” (Cass. civ., sez. trib., 08/06/2000, n. 14619; conforme Cass. civ., sez. I, 14/06/1995, n. 11931).
2.1 “Le indicazioni unilateralmente provenienti dall’Agenzia non valgono a ridisegnare il quadro normativo.
Le istruzioni contenute nelle circolari non sono vincolanti
trattandosi di mere interpretazioni delle norme tributarie, quand’anche contengano una direttiva agli uffici, in quanto esprimono esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice (cfr. Cass., sez. un. n. 23031 del 2007; v. anche Cass. n. 6699 del 2014).
In tal senso, le istruzioni dell’Agenzia – tanto quelle accluse nella circolare esplicativa, quanto riportate da telegrammi e telescritti evocati in giudizio – sono all’evidenza prive di compiuto valore normativo e non si palesano affatto obbliganti, né per le parti, né per il giudice chiamato ad interpretare le norme” (Cass. civ., sez. V, 07/05/2020, n. 8582)
2.1.1 Tale principio trova origine nell’arresto delle Sezioni Unite per il quale “la circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio – coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto – di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sé e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 Cost.” (Cass. civ., SS.UU., 02/11/2007, n. 23031; conformi Cass. civ., sez. V, 18/12/2019, n. 33592; Cass. civ., sez. V, 12/11/2019, n. 29164; Cass. civ., sez. V, 23/07/2019, n. 19816; Cass. civ., sez. trib., 21/03/2014, n. 6699).
3.
Nel merito, le doglianze veicolate con l’atto di appello sono infondate.
3.1 Il Collegio aderisce convintamente all’orientamento nomofilattico consolidato (Cass. civ., sez. V, 08/05/2023, n. 12232; conforme Cass. civ., sez. V, 29/05/2023, n. 14923), che qui espressamente si richiama anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per come richiamato dall’art. 1-II co. D.Lgs. n. 546/1992, in base al quale “In tema di imposte sui redditi, le somme corrisposte per spese di viaggio effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza sono percepite a titolo di rimborso spese, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta ai sensi dell’art. 48 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e dell’art. 48 del D.P.R. 29 settembre 1986, n. 917, poiché la loro quantificazione è determinata non con criterio forfettario, ossia sganciata dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato. (Cass. 07/3/2023, n. 6816; Cass. 27/10/2021, n. 30264; Cass. 06/05/2020, n. 8489)”.
4. Tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame di questa Corte, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma degli artt. 112 c.p.c. e 53 ss. D.Lgs. n. 546/1992 e gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
5. Le spese processuali del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo a favore dell’appellata, tenuto conto dello scaglione di riferimento sulla base dell’effettivo valore della controversia e natura della pratica, dell’importanza, difficoltà, complessità della pratica, delle condizioni d’urgenza per l’espletamento dell’incarico, dei risultati e vantaggi ottenuti, anche non economici, dell’impegno profuso e pregio dell’opera prestata, anche in considerazione del tempo impiegato (art. 1 D.M. n. 55/2014 e s.m.i.).
PQM
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio – XII sezione, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
rigetta l’appello proposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE – D.P. I di ROMA;
condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE – D.P. I di ROMA al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore di C. P. che liquida in Euro 1.500,00, oltre accessori.